La mastoplastica additiva è l’intervento che si propone di aumentare il volume delle mammelle, migliorandone al tempo stesso la forma.
Pertanto le indicazioni per questo tipo di intervento sono rappresentate dalla aplasia mammaria (mancato sviluppo delle mammelle), dalla ipoplasia mammaria (ridotto sviluppo della mammelle), dalle asimmetrie mammarie, dalle mammelle svuotate e cadenti (dopo una gravidanza od un forte dimagrimento) e da tutte quelle situazioni in cui si desideri accrescere il volume del seno.
Il materiale più utilizzato è reppresentato dalle protesi in gel di silicone, testurizzate (ossia con una superficie rugosa anziché liscia), delle quali esistono due tipi:
- protesi tonde, per chi desidera un seno più prosperoso;
- protesi anatomiche, per chi desidera invece un seno più naturale.
Possono essere inserite, a seconda delle preferenze della paziente o del chirurgo, attraverso tre possibili incisioni:
- nel solco sottomammario;
- nella regione periareolare;
- nell’ascella.
Inoltre esse possono essere collocate in posizione retroghiandolare, al di sopra del muscolo gran pettorale, oppure al di sotto di tale muscolo (se si tratta di pazienti molto magre, con scarsa rappresentazione del pannicolo adiposo sottocutaneo, oppure nei casi di ricostruzione mammaria dopo una mastectomia).
E’ un intervento generalmente eseguito in regime di day-surgery con pernottamento, in anestesia generale o locale con sedazione, che nel secondo caso permette quindi alla paziente di tornare a casa in giornata e di riprendere dopo pochi giorni le normali attività quotidiane.
Dovrà indossare un reggiseno sportivo per circa 1 mese.
Il principale problema posto da questo intervento è rappresentato dalla cosiddetta “retrazione capsulare” o “contrattura capsulare”: si tratta di una sorta di intolleranza alla presenza delle protesi da parte dell’organismo ricevente.
Ricordiamo che la protesi mammaria è un materiale estraneo all’organismo e, come tale, l’organismo le costruisce intorno una capsula, per circoscriverla.
In alcuni casi, fortunatamente sempre meno frequenti grazie allo sviluppo di nuovi materiali e di tecnologie sempre più avanzate, questa capsula tende ad ispessirsi e ad irrigidirsi causando una deformità estetica della mammella, che diventa più rigida e talora anche dolente.
Quando ciò si verifica è necessario ricorrere ad un intervento di capsulotomia, ossia di rilasciamento della capsula, o di capsulectomia, ossia di rimozione della capsula, per ridonare morbidezza alla mammella.
Inoltre la donna che decide di sottoporsi a questo intervento deve sapere che non si tratta di un intervento definitivo, poiché le protesi, come la maggior parte delle cose esistenti, non sono eterne, ma vanno incontro ad usura e pertanto vanno sostituite.
La durata media può essere indicata, anche in base agli ultimi studi, in circa 15 anni.
Non esiste a tutt’oggi alcuna prova a sostegno della tesi secondo cui le protesi mammarie potrebbero essere responsabili dell’insorgenza di tumori della mammella, né d’altro canto la loro presenza può ritardarne la diagnosi precoce (è sufficiente informare il radiologo che esegue la mammografia).
Altre possibili complicanze dell'intervento sono rappresentate dal sanguinamento e dalla conseguente formazione di ematoma (cosa che richiede la rimozione temporanea della protesi, il controllo del sanguinamento ed il riposizionamento della protesi), da alterazioni della sensibilità del complesso areola-capezzolo, da disturbi della cicatrizzazione.
Per le donne in età fertile è sconsigliato l'allattamento.
Se desiderate maggiori informazioni visitate il sito della S.I.C.P.R.E. (Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica): www.sicpre.org